Intervistiamo il signor Antonio Ferrazza, che da 6 anni combatte e convive con la malattia di Crohn.
Come ha scoperto di essere malato di Crohn? E quali sono stati i sintomi?
“Era aprile del 2009. a causa di una sub occlusione intestinale sono andato al pronto soccorso di uno degli ospedali della Capitale, e proprio in quell’occasione mi è stata diagnosticata la malattia. Prima di quel momento non avevo mai avvertito nessun tipo di sintomo, anche se la malattia si è presentata sin da subito molto aggressiva e fuori dagli schemi. Sono stato affetto dalla patologia a 40 anni e non ho mai avuto una fase di regressione (nella maggior parte dei casi la malattia va in fase di regressione anche per 5 anni), dopo 6 mesi dall’intervento mi ritrovavo a combattere nuovamente con la malattia”.
Una volta diagnosticata la malattia, quali sono state le terapie e come ha reagito?
Ho subito 3 interventi nel giro di 4 anni, e sin dall’inizio ho dovuto eseguire delle terapie con farmaci biologici e cortisonici. La malattia provoca delle ulcere nella mucosa intestinale che stringono il lume dell’intestino e creano problemi di transito, questo genera delle subocclusioni intestinali e quando raggiungono un certo livello è necessario eliminare una parte dell’intestino. Nello stesso anno della diagnosi della malattia ho subito il primo intervento chirurgico dove sono stati resecati 35 cm dell’intestino. Dopo un paio di anni, nel 2011, mi sono sottoposto al secondo intervento, attraverso il quale mi sono stati tolti altri 25 cm di intestino e nel 2013, durante l’ultimo intervento chirurgico, mi hanno tolto altri 10 cm. Questi anni non sono stati facili perché all’improvviso mi sono trovato a vivere con un “ospite fisso”, ma grazie anche a delle sedute di psicoterapia sono riuscito ad elaborare l’accettazione. Secondo me è fondamentale farsi aiutare e supportare nella fase iniziale da psicologi, perché sono delle figure importanti in grado di aiutarti a non cadere in depressione e accettare la convivenza con la malattia”.
Lei fa parte di quella percentuale che ha avuto complicanze extraintestinali. Dopo quanto tempo e quali sono state le terapie?
“Esatto. Le complicanze più importanti sono state a carico del sistema scheletrico, ho una spondiloartrite enteropatica e i dolori alle articolazioni si sono presentati dopo circa 8 mesi dalla diagnosi della malattia. Anche prima dell’evento avvertivo dei dolori articolari ma è stata accertata una correlazione con la malattia”.
Recentemente ha subito anche un intervento alle ginocchia. Perchè?
“Sì, un paio di settimane fa, perché probabilmente a causa della malattia non riuscivo ad assorbire la vitamina D3 e il calcio. Questo ha provocato una mancanza sistemica di vitamina D3, e quindi il fisico assorbiva calcio dalle ossa con la conseguenza di un’osteocondrite dissecante alle ossa delle ginocchia, cioè una necrosi dell’osseo e una sofferenza della cartilagine delle ginocchia. Ho effettuato un intervento nel quale sono state inserite delle cellule staminali autologhe, prese dallo stato adiposo della pancia, al fine di favorire la ricrescita dell’osso e della cartilagine”.
Cosa ha comportato nella sua vita la malattia?
“La mia vita si è trasformata completamente, tutto in funzione delle varie fasi della malattia. Non è stato facile arrivare alla consapevolezza di essere un malato cronico e di dover combattere e convivere con la patologia per tutta la vita. Oggi vivo in maniera serena e sono tranquillo anche sotto il profilo assistenziale perché mi sono rivolto ad una società di mutuo soccorso, Mutua Basis Assistance, la quale è in grado di sopportarmi laddove non riesce il Sistema Sanitario Nazionale. Grazie alla sottoscrizione del piano assistenziale ho potuto usufruire di una serie di servizi come, ad esempio, colonscopia, risonanze al bacino e alla colonna vertebrale, alle ginocchia e visite ortopediche. Al mattino mi dedico al lavoro di impiegato e al pomeriggio mi sottopongo alle terapie che dovrò eseguire per il resto della vita. Attualmente eseguo a ciclo continuo terapie con farmaci biologici, perché al momento è l’unico modo di mantenere sotto controllo la malattia. Tutte le patologie autoimmuni, purtroppo, non hanno protocolli specifici di cura, ma vengono tenute sotto controllo, nella maggior parte dei casi, con farmaci molto potenti e debilitanti”.
Oggi il sistema sanitario nazionale non riesce più ad erogare e garantire i servizi e lei per tutelare la propria salute si è affidato a Mutua Basis Assistance. Secondo lei la Sanità integrativa potrebbe essere una valida alternativa alle lacune del SSN e dare la possibilità di usufruire di assistenza sanitaria in tempi rapidi?
“Sulla base della mia esperienza, la sanità integrativa è sicuramente un valido aiuto per la diagnosi precoce di alcune patologie. Allo stato attuale è fondamentale avere un’integrazione sanitaria per una maggiore tutela della propria salute anche perché per le patologie come la mia occorre agire in tempi strettissimi e oggi questo è possibile solo attraverso la sottoscrizione di piani assistenziali integrativi. Sono associato a Mutua Basis Assistance e la mia esperienza è positiva: è una Società di Mutuo soccorso che agisce nell’immediato ed è presente in molte strutture ospedaliere pubbliche, convenzionate e private. Faccio un esempio: recentemente ho dovuto effettuare una colonscopia e solitamente mi rivolgo all’ospedale Sandro Pertini di Roma, ma questa volta, per cause della struttura, in tempi rapidi mi sono dovuto rivolgere ad una clinica privata convenzionata con Mutua Basis Assistance. Ho effettuato l’esame nel giro di qualche giorno e senza nessun problema.”
La testimonianza del signor Ferrazza è un messaggio di speranza per tutti coloro che sono affetti da malattie croniche dalle quali purtroppo ad oggi non è ancora possibile guarire, ma grazie al sostengo dei familiari e all’assistenza medica, attraverso l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia e alla sottoscrizione di piani assistenziali integrativi è possibile convivere con la patologia in maniera serena.